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DALL’ANIMA ALLE SVALBARD: TUTTO PROVIENE DA LUI

 

Contributo a cura di Roberto Ferro

 

Leggere “Dall’anima alle Svalbard Tutto proviene da Lui”, opera prima di Sebastiano Armenise, comporta una scelta di campo. Non si tratta, infatti, di una meditazione sulla vita umana e la spiritualità ma di un vero e proprio trattato di teologia dogmatica e sistematica, sia pur breve e semplificato.

Il breve trattato descrive il rapporto esistente tra fede e scienza, quindi della relazione tra un dono assolutamente gratuito di Dio all’essere umano (la fede) e gli sforzi degli esseri umani di comprendere le leggi che governano il Creato (per il credente opera di Dio). L’autore fa propria e rende assiomatica l’impostazione adottata da Giovanni Paolo II, un papa che sovente ha abbracciato (e imposto) l’ortodossia cattolica più intransigente.

Questa impostazione cattolica ortodossa non é certamente l’unica che é possibile prendere in considerazione! Le posizioni sono differenziate in ambito cattolico (basti pensare alla distanza teologica tra Giovanni Paolo II e il Cardinale Martini) , protestante, ebraico, mussulmano, buddista. Esistono poi agnostici e atei.

Il breve trattato, dalla scrittura semplice e efficace, raccoglie cinquanta sintetici enunciati, ciascuno delle quali corredato da un utile (a volte sin troppo breve) glossario teologico che descrive i termini “tecnici”.

L’affermazione secondo la quale “non si può leggere il Vangelo senza avvertire la presenza reale di Gesù” non è esente da possibili critiche. I Vangeli sono testi teologici relativi al messaggio cristiano, non biografie della vita di Gesù. Basti pensare all’annuncio della Risurrezione rivolto alle donne nel Vangelo di Marco e l’affermarsi di ben altra prospettiva in quello di Giovanni. E’ evidente tra i Vangeli una pluralità di significati, propria dell’intera Bibbia,

Il Libro di Genesi descrive, per esempio, non una ma due Creazioni in rapida successione, la seconda delle quali (molto breve) è sicuramente più antica. L’immagine potente “di un vapore che saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. Dio il Signore formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente” (Gn, 2, 6 – 7) ci fa apparire un Dio di gran lunga meno consequenziale (sul piano dell’umana comprensione) rispetto alla descrizione tradizionale della Creazione. Uomo donna creature viventi sono generati a partire dalla Terra che riceve la pioggia: non si parla di tempi (i tempi di Dio, tra l’altro, non corrispondono a quelli umani).

La grande importanza assegnata da Sebastiano Armenise a Satana potrebbe dare adito a qualche perplessità. Il Male esiste quanto il Bene, entrambi ammessi da Dio e il Diavolo agisce per dividere il Bene divino, per definizione perfetto, dalle inevitabili imperfezioni umane. Dio ne é perfettamente consapevole! Per il credente, Dio giudicherà e salverà l’essere umano malgrado il Male e Satana. E’ il tema affascinante delle teodicee: perché Dio ha ammesso il Male se onnipotente? Pensiamo alla Shoah. La teologia ebraica compie una sintesi mirabile da questo punto di vista: l’uomo è incapace di salvarsi da solo, Dio lo fa al 99% e del restante 1% Lui agirà per lo 0,9%, tanta é la nostra fragilità rende quel 0,01 persino eccessivo.

Gesù, come ogni maschio ebreo, era un ottimo esegeta della Torah (ha ripetutamente commentato il sabato). L’attenzione della sua predicazione (come dell’intera Bibbia) era concentrata sull’estraneo, sul povero, sulla donna e sull’orfano non sulla divisioni in categorie del genere umano. Dio giudicherà la nostra capacità di accogliere ed amare l’altro. Questo si é verificato (e si verifica) in ogni chiamata: con Abramo, Mosé, gli Apostoli, Paolo, credenti e non credenti.

Profondamente toccante, invece, adogmatico, é quanto Sebastiano Armenise denomina “angolo dell’Aldilà”, il contatto tangibile con i trapassati. “Nell’agosto 2002” – scrive – “mi trovavo in camera con mia madre. Ero sveglio ed una forza mi bloccò per tutto il corpo, mi impediva di muovermi. Una mano si posò sulla spalla destra, un’altra mano mi spostò dolcemente la testa verso la spalla sinistra ed ebbi un bacio sulla parte laterale destra del collo (il bacio che percepivo di mio padre defunto)”.

Una esperienza simile mi ha toccato da vicino. Venticinque anni fa mio padre morì improvvisamente per infarto cerebrale. Per molto tempo lo percepii vicino. Era una sorta di vicinanza “incombente”, come un essere consapevoli che una persona cara lontana ci pensa. Mentre lavoravo in silenzio nello studio mi aspettavo che aprisse la porta. In momenti critici mi sentii appoggiare silenziosamente una mano sulla spalla. Ciascuno popola, evidentemente, il rapporto con i cari defunti di immagini, o per dirla scientificamente, di “immagini ipnagogiche”.

L’autore mi trova radicalmente in disaccordo relativamente alla “dichiarazione di fine vita” o “testamento biologico”. Quando lo sottoscrissi avevo presente mio padre, con il corpo tenuto in vita per oltre un mese dalle macchine senza speranza di salvezza. A farmi propendere per la sottoscrizione non fu il terrore del dolore ma la fiducia nella bontà di Dio. Cosa avrebbe significato per Dio una mia sofferenza ulteriore? Persino la Croce é senza corpo di Gesù, perché Risorto. Fondamentale é non cercare la morte: correndo in auto, consumando sostanze e alcolici, sfruttando al massimo il tempo che Dio ci concede per fare il bene del prossimo e far fruttare i nostri talenti personali.

Il deposito di semi delle Isole Svalbard, la terra inospitale dove conservare per le future generazioni il patrimonio genetico del Creato, rappresenta a mio avviso una metafora della ricchezza di significati della Bibbia e delle enormi potenzialità implicite in ogni incontro umano. Ciascuno di noi potrebbe collocarvi esperienze, emozioni, aspirazioni, individuali e collettive. Indipendentemente da disquisizioni teologiche e dottrinali, perché, a dirla con l’apostolo Paolo, “la pazzia di Dio é più grande della pazzia degli uomini”. Spetta a noi prestare attenzione alla Sua pazzia.